DISCOVERING THE CENTURIES-OLD ITALIAN HOUSE IN GAETA WHERE CY TWOMBLY THRIVED

By Patrizia Rossato Mari

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Il nome di Cy Twombly, tra i massimi pittori americani del secondo Novecento, si coniuga a quello dell’assistente, compagno, manager, con cui condivise l’amore per l’Italia e la decisione di abitarvi; l’uno, stregato dal mar Tirreno e dalla costa di Gaeta dove prese a soggiornare dagli anni Settanta, dipingendovi alcune opere miliari dell’arte moderna, l’altro, proprietario di un antico nobile palazzo dalle volte affrescate sito in un lussureggiante parco, a crearvi a futura memoria il proprio giardino dell’Eden.

Si chiama Nicola Del Roscio ed è presidente dell’omonima Fondazione che annovera l’edificio inclusi i sei acri di giardino e una collezione di 142 specie di palme provenienti da tutto il mondo. Per l’appunto assistente, archivista e compagno di Twombly sino al 2011, anno della sua morte, Nicola Del Roscio si è accasato a Gaeta, dove aveva trascorso adolescente le vacanze, memore dell’ebbrezza dei sensi e delle impressioni di quelle divampanti estati, dalla fine degli anni Settanta e vi ha ospitato Twombly che ne è stato a sua volta suggestionato. Da allora i due vi hanno abitato separati: l’uno nel palazzo di proprietà l’altro dapprima in pensione e quindi in una dépendance/studio accosto al medesimo. Le frequenti visite di amici pittori e galleristi di fama internazionale hanno accresciuto enormemente la fama della località, nota più che altro per le memorie risorgimentali, rendendola centro d’interesse nella mappa mondiale della cultura. Tutt’oggi, a scandire di intervalli di riposo la febbrile attività di Del Roscio quale curatore e promotore dell’eredità artistica del Maestro, sono le ormai brevi fughe nel buen retiro di Gaeta, dove sempre ritorna a tuffarsi nella realizzazione senza fine di quella che considera sua opera d’arte: restaurare e conservare un giardino botanico unico al mondo, costellato d’una eccezionale varietà di specie di palme, orchidee e iris. Confuso con il fosforescente chiaroscuro di alti fusti e macchia mediterranea, vera gemma, il palazzo di antica memoria risalente al Mille d.C. rivive grazie a identico amore e dedizione. Omologhi alle stratificazioni/citazioni/crittogrammi rappresentanti l’inconfondibile cifra dell’opera di Twombly, le opere i tessuti e gli objet trouvé che arredano gli ambienti, decorati da affreschi e maioliche in puro Settecento napoletano, hanno attraverso gli anni soffuso il quotidiano vivere di quella che Roland Barthes chiama “la somma indeterminata e inesauribile delle ragioni, delle pulsioni, delle inoperosità che circondano l’atto di una atmosfera”.

Come per il suo maestro Paul Klee, decisivo fu per Twombly il viaggio in Africa, ovvero l’esperienza totalizzante di una luce a picco, canicolare, che riduce forma e volume dei corpi assottigliandone l’ombra. Per Klee, si trattò di un’ora felice in cui fu un unicum con il colore: non doveva più cercare di afferrare il colore, poiché il colore lo possedeva e sempre l’avrebbe posseduto. La natura dilatata-diradata dell’opera di entrambi scaturisce dall’impronta del sole africano. Rarefacendosi, la materia pittorica si riduce a rappresentare la figura attraverso un diagramma infantile in Klee, attraverso un segno/traccia in Twombly. Ma in Twombly il tema della scrittura o dell’iscrizione diventa focus; in quanto traccia, direbbe Derrida, continuamente rimanda ad altro, a uno spazio sotto il tempo (GIU’)come scrive Emilio Villa, attento lettore di Bataille, nel testo in versi italiani e francesi pubblicato nel ’61 per la mostra di Twombly alla Tartaruga di Roma. Pertanto, la via d’accesso al presente acquista necessariamente la forma di un’archeologia. Ma il ‘campo iniziativo’ messo in luce da tale scavo, altro non è se non quello della cultura occidentale e dei poemi omerici. Il “sangue alla testa” di Achilles Mourning the Death of Patroclus e l'”ira funesta” di The Vengeance of Achilles, due fra gli assoluti capolavori di Twombly, esprimono potentemente tutta la violenza primitiva e iniziativa dell’arcaico, in cui si riflette quella del presente (l’analogo ciclo su Commodo dell’anno seguente è ispirato dall’omicidio di Kennedy). Così, nel pittore adulto, si invera la profezia di Charles Olson, suo mentore al Black College nel ’51, che aveva definito il poco più che ventenne Cy un “archaic postmodern”.

Uno studioso di Barthes e di Nietzsche, Giorgio Agamben, in occasione di una mostra romana del ’98, gli dedica un fulmineo frammento prendendo spunto da Holderlin, per mostrare come la scrittura – o sarà meglio dire scrizione – di Twombly sia “bellezza che cade” arrestandosi d’un tratto nell’attimo messianico rivelativo, in cui appare per ciò che è e non per ciò che dice, sul limite di quel “campo allusivo” (secondo Barthes) “esitante tra senso e non-senso, tra forma e materia”. La parola, cadendo e accadendo, ricorre così all’insegna della mediterranea Tyché, del Fato (l’avvenimento accaduto per caso): e, come Barthes splendidamente evoca di un oggetto (ad esempio un paio di pantaloni) l’essenza racchiusa nel suo essere usato e poi gettato ( è “quel mucchio di stoffa caduto a terra dalle mani di un adolescente, quando si spoglia pigro, ozioso e indifferente”); così, attraverso la gettatezza della sua pittura, con inesauribile fascino Twombly iscrive il nostro essere creaturale nello spazio accidentale di un accadimento, svuotandolo di ogni peso. By PM

 

Bibliografia:

Cy Twombly, a cura di Jonas Storsve, catalogo Éditions du Centre Pompidou-Sieveking Verlag https://www.copyrightbookshop.be/shop/cy-twombly-centre-pompidou/

Che cos’è il contemporaneo?, Giorgio Agamben http://www.ibs.it/che-cos-contemporaneo-ebook-giorgio-agamben/e/9788874522514

Reading Cy Twombly. Poetry in paint, Irene Jacobus, Princeton University Press 2016     https://press.princeton.edu/titles/10817.html

Cy Twombly, Roland Barthes, Seuil         http://www.seuil.com/ouvrage/cy-twombly-roland-barthes/9782021352979

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Co-founder FormaEssenza, Research and Content Manager

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