OPULENZA, DECADENZA E DECORATIVISMO PER IL NUOVO ANNO. DAGLI ‘ARTS AND CRAFTS’ (E DA MARIANO FORTUNY) A ‘THE ATTICO’

By Patrizia Rossato Mari

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Non solo Gucci. A rappresentare il fashion-guru e l’icona di riferimento per i nuovi dandies (declinato anche al femminile), ormai non c’è solo Alessandro Michele, stilista di genio che ha rivoluzionato i canoni dell’eleganza (re)inventando il tapestry-style e coniugando sensualità e opulenza. Le odierne aspiranti marchese Casati (e i corrispettivi maschili del tipo Oscar Wilde o Swann, l’esteta protagonista della proustiana Recherche), possono infatti trarre ispirazione e suggerimenti di stile anche da ‘The attico’, brand di recente conio nato dalla voglia di due giovani cosmopolite di vestire la seduzione di fogge sontuose e decadenti, di esibire in pubblico il lusso ‘privato’ di peignoir e robe de chambre, ammiccando al piacere di incontri furtivi e proibite alcove. Lusso, calma e voluttà, ma anche estetismo da flaneur e accenti simbolisti: il canone che un’intera generazione di poeti e artisti, da Baudelaire a Gustave Moreau, ha incarnato in opere e vita, sin dall’Ottocento è stato percepito anche come estenuazione dei sensi, dissipazione, oscenità, omicidio. L’altra faccia dell’estetizzazione della vita consiste nella sua deturpazione (Oscar Wilde docet). Dalle allucinazioni dell’oppio e dell’assenzio il Decadentismo trasse i suoi capolavori; e della sua dote iconografica di ‘femmes fatales’ le due giovani stiliste hanno saputo rispolverare la ricercata e beffarda stravaganza, la dominante teatralità da ‘Venere in pelliccia’, l’appagamento languido esaltato ‘dagli occhi lenti, di giaguaro che digerisce il sole’, citati dal futurista Marinetti in riferimento alla marchesa Luisa Casati regina della Belle Epoque. I rimandi potrebbero continuare…

Nel segno della medesima filosofia estetica, Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini hanno inteso realizzare un brand dedicato espressamente a un pubblico di donne-muse, di temperamento, sicure di sé e disinibite, rappresentanti di città e orizzonti culturali diversi, ma accomunate dal medesimo nostalgico gusto della sigaretta. Sono proprio i loro capi, ci raccontano, a fare di tali ‘adepte’ delle ‘muse’. Cerimoniere ideali in ovattate Penthouse da upper-class. Nel nome del brand, ‘attico’, dall’inglese ‘penthouse’, si è voluto racchiudere il senso di una collezione che fa di un guardaroba da camera delle mise da ‘sfoggiare’ più che indossare – pepli fascianti il nudo di acerbe Danaidi con l’ostentazione di tagli vertiginosi, ma anche con naturalezza, effortless, cioè senza sforzo. La ricchezza dei materiali, i pattern grafici e l’esplosione cromatica, che sembrano mutuati dai tessuti d’arredo di preziosi boudoir, evocano l’orientalismo in voga nell’Ottocento, le stampe di Morris ispiratrici dei tessuti veneziani di Mariano Fortuny, lo sfarzo con cui si abbigliavano lussuose cocotte per ricevere gli amanti nell’intimità. Egerie e, all’occorrenza, dissimulatrici, come la Odette di Proust. Lusso e opulenza per nuove élite, in questa era di interregno che cita Manierismo e Barocco, ma come fatto di costume e non decoder capace di identificare riti e simboli di transizione. Alessandro Michele non è Bernini e la sua rutilante ridondanza non commuove come la vertigine espressiva leggibile nei visi, nei gesti dinamici e nelle pose drammatiche del grande scultore. Ripulsa del minimalismo freddo e del format troppo concettuale che hanno a lungo dominato il fashion: di questo si è trattato e, nella migliore ipotesi, delle conseguenze di un ‘horror vacui’ alla D’Annunzio, cioè in ultima analisi di una rimozione.

E’ probabile che solo i fondatori degli ‘Arts and Crafts’ – gli eclettici inglesi Edward Burne-Jones e William Morris -, con la definitiva consacrazione delle arti applicate nella creazione di begli ambienti e begli oggetti d’uso comune – utopia di un mondo salvato dalla bellezza -, approverebbero senza obiezione le ragioni di una moda attraverso la quale realizzare se stessi come opera d’arte nel contempo sfidando la ristrettezza delle convenzioni borghesi. Ma sin qui ci siamo divertiti a costruire una bella narrazione e un contesto storico senza quasi aver interpellato le artefici della collezione per conoscerne la genesi: e temiamo che delle ascendenze citate il duo fondatore di ‘The attico’ sia e resterà inconsapevole in perpetuum, così come del fatto crudele che in ogni epoca l’eccesso di autocelebrazione e i molli costumi costituiscano il fragile diaframma di ghiaccio sotto cui la voragine sta inghiottendo il vecchio mondo, e che, come riconosce un celebre poeta libertino, gli esseri migliori siano pertanto i virtuosi che praticano leggerezza e arte del pattinaggio. By MG

 

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Co-founder FormaEssenza, Research and Content Manager

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